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    Dalla sociologia della devianza alla sociologia della vittima: teorie, percorsi e prassi operative

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    Questo lavoro, attraverso una ricognizione teorica e una sistematizzazione tecnico- operativa, propone una riflessione sui processi di vittimizzazione e sulle dinamiche che ad essi sottendono, la cui lettura non può essere solo criminologica, psicologica e giuridica ma anche sociale. Oggetto di studio sono le vittime di reato e la vittimologia, disciplina che nasce alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, come branca della criminologia e che oggi ha ottenuto da essa autonomia teorica. La vittimologia è infatti la disciplina che studia l’agito violento dalla prospettiva della vittima, tenendo conto anche della personalità del carnefice, della relazione che intercorre tra questi due soggetti, del loro ambiente e del contesto in cui l’evento delittuoso avviene. Ma è anche lo studio delle interazioni tra vittima, aggressore, sistemi di giustizia penale, mass media, agenzie di controllo sociale e di aiuto, con lo scopo di prevenire e ridurre i processi di vittimizzazione primari, cioè causati direttamente dal reato, e secondari, determinati dalla reazione sociale alla vittimizzazione stessa e identificativi di conseguenze a breve, medio e lungo termine. La vittima di reato è la persona che ha subito un danno fisico, psicologico, morale, economico, a causa di un agito violento, espressione della distruttività, dell’incapacità comunicativa, della perdita di significatività dell’altro, in violazione di una norma penale. È una persona che necessita di un supporto specifico ed appropriato per riuscire ad affrontare e, dove possibile, superare le conseguenze del trauma subito. È la persona che ha perso il controllo sulla propria vita a causa di un comportamento lesivo altrui, che spesso deve riadattarsi al proprio ambiente, che è portatrice di un patimento fisico e psicologico, che ha subito un danno inaspettato e immeritato, che soffre conseguenze materiali, finanziarie, di salute fisica e mentale. In Italia ad oggi l’assenza di una normativa nazionale di tutela delle vittime di reato, indipendentemente dal tipo di crimine che le ha colpite (e dalla sua definizione giuridica), dalla natura del danno e degli esiti, dalla criminogenesi e criminodinamica del fatto reato, dalle caratteristiche della vittima, non rende esigibili i fondamentali diritti di cittadinanza di cura, assistenza e risarcimento che sono riconosciuti dalla nostra Costituzione. Vi sono ancora vittime non tutelate, la cui voce e il cui riconoscimento, soprattutto in termini di diritti non è ascoltata, affermata. Abbiamo ancora una cultura lontana dal riconoscimento della vittimizzazione come danno sociale, nonostante determini costi altissimi. Ci si deve chiedere quando per una vittima essere sostenuta, orientata, protetta, curata, diventerà un diritto esigibile. I danni che lamentano le vittime sono espressione di bisogni complessi, che non possono essere sottovalutati in termini di politiche sociali. Lo “sguardo” non può più essere rivolto solo al reo (abbiamo ancora in Italia un sistema giudiziario e penale sostanzialmente reocentrico) ma allargato ad un orizzonte sociale che coinvolga i servizi preposti alla prevenzione, alla cura e all’accoglienza delle persone più bisognose. Sono infatti più a rischio di vittimizzazione i cittadini più “deboli” come i minori, gli anziani, le donne, i disabili fisici o psichici e coloro che vivono in marginalità. Sono le vittime fragili. La violentizzazione di soggetti fragili (l’abuso commissivo od omissivo su minori, donne, anziani e portatori di disabilità fisica e psichica o la violenza nelle relazioni strette), e quindi i processi di vittimizzazione in genere, hanno caratteristiche oggettive a cui diamo significato attraverso processi diagnostici diversi. Le vittime hanno di fatto riconoscimento sociale se ciò che subiscono viene percepito e considerato dalla società e dalla collettività come danno, se cioè al comportamento dannoso che subiscono viene dato un significato lesivo della loro integrità soprattutto se fisica ed economica, meno se psicologica o morale. Lo studio dei processi di vittimizzazione, che creano dolore e patimento spesso limitativi dell’autonomia personale e delle competenze partecipative e di sviluppo sociale, che creano danni e costi sociali altissimi, necessita di un approccio complesso che richiede osservazioni multidisciplinari per comprendere i fenomeni devianti e quindi quelli di vittimizzazione in maniera proattiva sia nella prevenzione che nella diagnosi funzionale e trattamentale. Nel tentativo di dare una continuità e una certa omogeneità ai processi teorici e operativi, il presente lavoro, suddiviso in tre parti, propone analisi e osservazioni teoriche ed operative. Consapevoli di non poter trattare approfonditamente la sociologia della devianza, si propone alcune riflessioni di ambiti teorici e Autori nei quali è possibile rintracciare considerazioni riguardanti le vittime in quegli stessi processi devianti osservati, con lo scopo di individuare corrispondenze e punti di interconnessione tra società, identità deviante e identità vittimale. Presentiamo inoltre anche l’analisi del cambiamento nella storia della figura della “vittima” attraverso le scuole e gli Autori che dalla fine degli anni ’40 ad oggi hanno contribuito alla costruzione della disciplina vittimologica. Attraverso l’analisi dei processi di vittimizzazione, e della relazione tra vittima e carnefice, si sono delineate inoltre le tipologie vittimologiche, i rapporti patologici, l’analisi dei danni dovuti alla vittimizzazione primaria e secondaria, i diritti delle vittime, il ruolo della vittima nelle investigazioni e i processi di giustizia riparativa. Infine proponiamo una riflessione sulle “vittime fragili” e sul trattamento di donne, minori, anziani e disabili che hanno subito processi di vittimizzazione, cercando di dimostrare la congruenza tra l’osservazione criminologica e vittimologica e l’applicazione di strumenti tecnici propri anche del servizio sociale. L’analisi della “violenza”, la sua tipologia in termini criminogenetici e criminodinamici, l’analisi relazionale e le strategie umane di sopravvivenza al dolore, sono la base conoscitiva imprescindibile per qualsiasi agito professionale. Gli strumenti di intervento sia diagnostici che trattamentali sono stati differenziati sulla base della tipicità vittimologica, delle caratteristiche di rischio e fragilità dei cittadini più facilmente esposti, per caratteristiche personali e sociali, ai processi di vittimizzazione. La proposta operativa della costruzione della perizia vittimologica, nell’ottica di una riduzione dei processi di vittimizzazione secondaria, conclude il lavoro con un’analisi dei Centri di Supporto alle Vittime. La prospettiva vittimologica attuale propone uno “sguardo” diverso, che pone al centro di qualsiasi intervento, sia del sistema giudiziario e penale sia del sistema assistenziale, la persona che ha subito violenza e un danno a causa di un reato. A questa dobbiamo far riferimento. Dare l’opportunità di riflettere sui processi determinanti la vittimizzazione e sui percorsi di prevenzione, cura e sostegno delle vittime significa restituire centralità alla persona e al cittadino, significa cambiare la cultura dell’intervento e sviluppare politiche sociali non settoriali ma umanamente proattive di una reale cultura di benessere sociale. Così l’impegno di questo lavoro, di questa ricognizione tra teorie sociologiche, criminologia, vittimologia e servizio sociale, ha voluto evidenziare, tra “sapere e fare”, come poter migliorare il sistema degli interventi in favore delle vittime

    Acute radial head replacement with bipolar prostheses: midterm results

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    In irreparable radial head fractures, especially if primary stabilizers of the elbow are damaged, the prosthetic replacement prevents instability and stiffness. Concerns have arisen over the use of bipolar press-fit prostheses due to the frequent finding of osteolysis and the risk of instability if compared to monopolar implants. Our aim was to assess midterm clinical and radiological outcomes of bipolar implants and the influence of osteolysis on proximal pain. Seventeen patients with irreparable fractures of the radial head, treated in acute with the same prosthetic model (rHEAD recon SBI/Stryker) between January 2015 and December 2018, were enrolled. Clinical assessment was performed using MEPS and DASH scores; a radiographic study was done to identify heterotopic ossifications and periprosthetic osteolysis. Outcomes at the last follow-up, according to MEPS, were excellent in 10 cases, good in 5 and fair in 2; none of the patients had severe pain or instability. In 3 cases, it was necessary to remove the implant, mainly because of early loosening. Radiological findings of osteolysis were detected in 9 cases, but no statistical correlation was found with MEPS and proximal pain. The use of bipolar implants is reliable if an accurate repair of ligament tears is performed and provides a good stability. Nevertheless, the risk of early aseptic loosening in uncemented implants is not negligible, and the follow-up of the patient must be strict. Late osteolysis does not seem to have clinical relevance, but further prospective studies are necessary to clarify this topic

    Haploidentical hematopoietic stem cell transplantation in a myelofibrosis patient with primary graft failure

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    The prognosis of patients affected by myelofibrosis (MF) is usually dismal and allogeneic hematopoietic stem cell transplantation (HSCT) remains the only cure. The number of HSCTs in MF patients has recently increased. However, a major obstacle is still represented by primary graft failure (PGF). Currently there are no definitive guidelines for the treatment of PGF and a second HSCT can be performed only when an allogeneic donor is rapidly available. Herein we report on a MF patient with PGF after an unrelated HSCT, who was rescued by a non-myeloablative, unmanipulated, haploidentical HSCT that resulted in persistent engraftment and bone-marrow fibrosis regression, but not in a long-term disease control. Based on this experience we briefly review the role of different conditioning regimens and hematopoietic stem cell sources in the setting of HSCT for MF patients with PGF. The role of haploidentical donors in MF patients lacking HLAmatched relatives is also discussed

    From Theory to Good Practices: Pathways for the Establishment of a Victim Support Centre

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    The guidelines for the construction of a Support Centre for Victims of Crime that, we present in this file, constitute the result of a long project work that, thanks to Vis Network project, found a first important phase, in the paths of theoretical and empirical training addressed to victims, activated in two different territories of Lombardia and Toscana, followed by the collection of experiences on the national territory, by the visit to Centres, aimed at the construction of this guidelines

    From Theory to Practice: Networks and Support to Crime Victims

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    The guidelines for the construction of a Support Centre for Victims of Crime that, we present in this book, constitute the result of a long project work that, thanks to Vis Network project, found a first important phase, in the paths of theoretical and empirical training addressed to victims, activated in two different territories of Lombardia and Toscana, followed by the collection of experiences on the national territory, by the visit to Centres, aimed at the construction of this guidelines

    How to approach Monteggia-like lesions in adults: A review

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    Monteggia-like lesions encompass a wide spectrum of fractures of the forearm and elbow associated with dislocations, subluxations and ligamentous lesions. Many attempts have been made to classify these injuries, not only to understand their pathology but also to develop optimal treatments. Unfortunately, although some of these classifications are complete, they are either complex, not immediately usable, or not exhaustive. An orthopedic surgeon who aims to rapidly treat this kind of injury needs a visual classification, and knowledge of the best surgical approach. Monteggia like lesions do not allow for mistakes during surgery, as even a minor error could be prove detrimental to performing and completing all surgical steps. In this paper, based on our extensive experience in treating these rare lesions, we suggest a practical guide to the best surgical approach for various types of Monteggia like lesions. Some technical tips and pitfalls are also described

    Experimental and theoretical study of polymorphic and solvate ampicillin forms

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    In literature, many active pharmaceutical ingredients (APIs) are known to crystallize in different crystalline packings (polymorphs) or with solvent molecules as an integral part of their structures (pseudopolymorphs). In a pharmaceutical dosage form, the active ingredient solid-state phase identity or conversion could dramatically alter the final pharmaceutical properties. In particular, the solid state administrated drug can influence important properties like bioavailability. In this study four α- aminobenzylpenicillin forms were crystallized and the molecular vibrations of the various ampicillin forms were investigated by ATR/FT-IR, micro-Raman and SERS (surface enhanced Raman spectroscopy) spectroscopies (firstly reported). The HSRM (hot stage Raman microscopy) was also able to follow the transition from the trihydrate ampicillin to the amorphous monohydrate. The same technique allowed of controlling the solid-solid convertion from trihydrate to anhydrous forms. DSC, TGA, XRPD data were also afforded. For the first time, the Raman spectra of the four ampicillin forms are reported. Finally, for assisting experimental assignment bands quantum mechanical calculations were also performed and the density functional theory (DFT) predictions were used

    Experimental and theoretical study of polymorphic and solvate ampicillin forms

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    In literature, many active pharmaceutical ingredients (APIs) are known to crystallize in different crystalline packings (polymorphs) or with solvent molecules as an integral part of their structures (pseudopolymorphs). In a pharmaceutical dosage form, the active ingredient solid-state phase identity or conversion could dramatically alter the final pharmaceutical properties. In particular, the solid state administrated drug can influence important properties like bioavailability. In this study four α-aminobenzylpenicillin [1-3] forms were crystallized [4,5] and the molecular vibrations of the various ampicillin forms were investigated by ATR/FT-IR [2,3], micro-Raman and SERS (surface enhanced Raman spectroscopy) [4] spectroscopies (firstly reported). The HSRM (hot stage Raman microscopy) was also able to follow the transition from the trihydrate ampicillin to the amorphous monohydrate. DSC, TGA, XRPD data were also afforded [1,4,5]. For the first time, the Raman spectra of the four ampicillin forms are reported. Finally, for assisting experimental assignment bands quantum mechanical calculations were also performed and the density functional theory (DFT) predictions were used [6,7]. References: [1] E. Shefter et al., J. Pharm. Sci. 62/5 (1973) 791. [2] M. N. J. James et al. Nature 220 (1968), 168. [3] E. Ivashkiv, In: Analytical Profiles of Drug Substances, vol. 2., (1973) Academic Press, New York, K. Florey, (Ed.). [4] K. W. B. Austin et al., Nature 208 (1965) 999. [5] Parker et al., 1976, USP 3933796. [6] A. D. Becke, J. Chem. Phys. 98 (1993) 5648–5652. [7] W. T. Yang, R. G. Parr, Phys. Rev. B 37 (1988) 785–789

    Apophyseal avulsion fractures of the pelvis. A review

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    BACKGROUND AND AIM OF THE WORK: Fractures of the pelvis classically occur in adolescent during sports activities with forceful and repetitive contractions or passive lengthening acting on not yet ossified growth plates. Their misdiagnosis lead to disability, chronic pain and decrease of performances. Evidence based treatment guidelines do not exist; aim of this paper is to point out clinical outcomes, return to sport rates and complications of surgical and conservative approach. METHODS: A systematic search based on MEDLINE database was performed in August 2017 to identify all published articles from 2010 to 2017 reporting outcomes, return to sport and complications rates after surgical and non-operative treatment of avulsion fractures of the pelvis. RESULTS: Mean age was 14,5 years with anterior inferior iliac spine avulsion representing the most common injury (46%), followed by anterior superior iliac spine avulsion (32%), ischial tuberosity avulsion (12%) and iliac crest avulsion (11%). Rates of excellent outcome and return to sports at pre-injury levels were higher after surgical treatment; surgery has a higher risk of heterotopic ossification (9%) compared to conservative treatment (1,8%), whereas the risk of non-unions is lower (0% versus 2,5%). CONCLUSIONS: Surgery is preferred for major dislocations and fragment sizes, providing a faster return to pre-injury level of activity, decreasing the risk of pseudoarthrosis. Conservative treatment is advisable for minimally displaced fractures when a rapid recovery is not required; patient and his family should be informed on the risk of non-unions and the eventuality of a delayed surgical approach
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